Dove sarà il Neverwhere di Renato Cantini? Non certo in un autogrill o in un supermercato, non può essere il non-luogo di Marc Augé. Sarà piuttosto un affascinante richiamo verso spazi aperti sconfinati nel nulla, dove tutto può accadere. Desolate lande di suoni infiniti in cui l’ascolto può perdersi e la mente divagare accompagnata dalle improvvisate linee della tromba.
Renato Cantini, musicista poli-strumentista toscano, dopo essere stato membro del combo sperimentale Soulclash, decide di pubblicare un anno fa il suo ottimo esordio. E lo fa per la Even8 Records, piccola e coraggiosa etichetta indipendente nata nel 2006 e impegnata tra jazz, elettronica e sperimentazione.
Soltanto nove brani, ciascuno di lunghezza saggiamente calibrata sui tre minuti, in un disco autoprodotto, registrato negli studi casalinghi di Renato e impreziosito dal raffinato artwork di Stefania Ugolini.
L’alternarsi di registri è la portante di un album capace di aprirsi con un arpeggio prettamente chitarristico dal sapore vagamente post-rock e di chiudersi con una mistica danza orientale, snodandosi attraverso ritmiche campionate e arpeggi minimali. La convivenza di strumenti tradizionali (chitarre, batteria e fiati) ed elaborazioni computerizzate, che è ormai terreno fertile per gran parte dei jazzisti moderni, è qui portata all’estremo. Un amalgama di elementi frutto anche dell’incontro di una schiera di ottimi musicisti, ma sopratutto delle illimitate visioni del suo autore. Il musicista toscano si destreggia tra basso e computer programminig, ma è la sua tromba a fare da trait d’union di un lavoro che riesce nella non facile impresa di non perdere mai la bussola.
La chitarra di Daniele Principato, compagno di avventura di Cantini nell’esperienza Soulclash, apre “Kill The Man With The Tie” (scritta a quattro mani dai due) con un ipnotico pedale e lievissime variazioni armoniche su cui la tromba svisa in libertà. La successiva title-track è invece orientata verso territori più classicamente jazz, anche se le tastiere non mancano di affiancare le spazzole della batteria. Neverwhere si arricchisce della partecipazione al sax tenore di Claudio Ingletti e al sax soprano di Nico Gori, ormai brillante stella della scena jazz internazionale, che è anche co-autore del brano. Con “Toys” gli arrangiamenti virano verso l’elettronica, mentre “Smiles” è più funky con basso, batteria e piano elettrico. La sostanza però non cambia. In “Palomar” Cantini invece si fa aiutare da Stefano Tamborrino alla batteria, il cui contributo discreto è presente anche nei successivi brani della raccolta. “La Casa di Edward” è poi in qualche modo il manifesto del disco, una tirata di jazz elettronico in cui la chitarra acustica arriva dopo tre minuti di drum-machine e basso elettrico a chiudere il brano, per finire però triturata anch’essa.
Nicola Perfetti